…su Baracca, Gramigna, maschere anti gas e criminalizzazione di chi ancora resiste

Due articoli apparsi da poco su “Il Mattino” di Padova ci obbligano a chiarire alcune questioni che ci riguardano. Siamo gli studenti che hanno occupato lo stabile nominato aula studio Baracca (e non Pollaio) sgomberati il 10 agosto dalla polizia per ordine del rettore. Lunedì 22 ottobre abbiamo organizzato un corteo contro il Consiglio d’Amministrazione dell’Università e per la denuncia pubblica dello sgombero dell’aula studio. A seguito di questa decisa e partecipata manifestazione il suddetto giornale ha redatto degli articoli in cui ci definiva appartenenti al collettivo politico Gramigna. Al di là del pessimo servizio informativo reso dal giornale, chiaro è il tentativo di cominciare a creare terra bruciata attorno a quegli studenti che nonostante lo sgombero non si sono rassegnati. Legarci politicamente al Gramigna, per loro, significa definirci terroristi. Arma, questa, della propaganda statale, usata nei secoli per isolare e sconfiggere i suoi nemici con l’intento di occultare una semplice verità: terrorista è lo Stato. Le guerre, le stragi, le persecuzioni, le direttive economiche, non stanno per caso minando le nostre stesse esistenze? (quelle di molti altri sicuramente si).

Ci interessa chiarire che il nostro percorso è autonomo politicamente rispetto a quello del Gramigna, anche se varie volte ci siamo incontrati: a partire dall’opposizione all’alta velocità passando per il sostegno ai lavoratori in lotta nelle fabbriche del padovano, nella denuncia delle politiche di svendita del patrimonio pubblico a Padova e nella contestazione della presenza di organizzazioni neofasciste libere di diffondere il loro odio razziale. La nostra solidarietà non è mancata quando la giunta Zanonato ha deciso di sgomberare e distruggere la ex-scuola Fratelli Bandiera, così come il cpo Gramigna non ci ha fatto mancare la sua il 10 Agosto.

La Baracca è stato un luogo in cui centinaia di studenti hanno potuto vivere un’esperienza di autogestione conoscendo anche le tematiche che venivano sostenute (il legame con i lavoratori, con le popolazione oppresse del Medio Oriente,…). Una di queste è stata sicuramente la lotta No Tav della Val Susa che ci siamo fin da subito sentiti di appoggiare in quanto espressione della volontà di opporsi ad una società che pone al centro non l’essere umano, ma il profitto di pochi.

Il ritrovamento, durante lo sgombero, di una maschera antigas, di un caschetto e di una fionda evoca momenti di lotta popolare contro un esercito di professionisti della violenza che ha inondato di gas cancerogeni una valle occupandola militarmente. Non ci sentiamo di nascondere il nostro appoggio ad una realtà che si oppone tenacemente alle fauci del progresso in difesa della propria terra, dell’acqua e della vita. Non celiamo nemmeno il nostro intento di voler cambiare l’Università ma soprattutto la società in cui è inserita e quindi essere dei sovversivi. Ma questo è ben da specificare: che dicano che con i tre oggetti “pericolosi” rinvenuti ci stessimo preparando a fronteggiare la polizia, ricorda l’immagine dell’elefante che teme il topolino: ma chi può crederci? La verità è che cercano armi perché non sanno come giustificare il terrore che provano di fronte a delle studentesse e degli studenti che denunciano, oltre alle ingiustizie di questo sistema socio-economico, anche le bugie dell’apparato statale di cui loro sono massima espressione (come stiamo facendo anche in questo momento); noi lo abbiamo capito, perché hanno il terrore di noi (e vogliono che tutti ci chiamino “terroristi”): ci temono molto di più di chi può avere delle pistole. Le nostre, di armi, sono altre, molto più potenti e, per loro, assai più pericolose: si chiamano solidarietà, cooperazione, si chiamano il sogno di vivere insieme in una società senza paura l’uno dell’altro, si chiamano speranza di non aver più bisogno di controlli perché tutti finalmente non hanno più bisogno di rubare né di far del male a nessuno, perché finalmente si è in grado di dare a ciascuno ciò che necessita secondo i suoi bisogni.

Studenti e studentesse autorganizzati – la Baracca

 

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